Giovanni Falcone è uno che ha lottato contro la mafia facendo bene il suo lavoro, ed era un lavoro spesso noioso, ma fatto bene, fino in fondo e senza tregua. Dove non c’erano strumenti li creò con la sua competenza e con i colleghi. (...)
Borsellino una volta disse: «Palermo non mi piaceva, per questo ho imparato ad amarla. Perché il vero amore consiste nell’amare ciò che non ci piace per poterlo cambiare». (...)
Del terzo, padre Puglisi, so qualcosa di più per la consuetudine tra le mura del liceo. Era puntuale e sempre sorridente. Non aveva grandi doti oratorie, ma la forza semplice e convincente di chi pronuncia parole vissute. Aveva di che disperarsi e rattristarsi, ma sorrideva sempre. (...)
Erano persone che non accettavano
compromessi e vie facili. Sudavano e trasformavano il loro lavoro
quotidiano in riscatto personale e sociale. Se non vogliamo trasformare
le commemorazioni di questi mesi in retorica vuota dobbiamo cominciare
da lì. Imitare questi uomini è imitare la loro vita ordinaria, il loro
lavoro ben fatto, preparato, anche quando è noioso, la cura dei
dettagli, il rifiuto della raccomandazione, della chiacchiera maligna
contro gli altri, della lamentela inutile. A noi è chiesto di pagare il
biglietto, di non copiare i compiti, non comprare lauree, chiedere lo
scontrino, conoscere e collaborare con i vicini…
Per ricordare questi uomini dobbiamo smetterla di sistemarli su piedistalli che li pongono tanto in alto da renderli irraggiungibili, ma dobbiamo farli scendere per le strade, le nostre, prestando loro mani, piedi, schiene, volti. Non c’è commemorazione se non diventa quotidiana azione. Fedeltà nel poco. ( A.D. 24-05-2012)
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